Nel lontano 1412, un Monaco di nome Lazzaro stava celebrando la Santa Messa a Bagno di Romagna. Nel momento della preghiera eucaristica (quando si elevano l’ostia e il vino), vide il vino del calice andare in ebollizione e, poi, macchiare il corporale, posto davanti a se. Durante il rito, il Monaco celebrante aveva dubitato che Cristo fosse veramente presente e vivo nell’Eucaristia, che, da li a pochi secondi, avrebbe tenuto tra le mani. In seguito, padre Lazzaro non poté fare altro che raccontare ai suoi fedeli quanto gli era successo e come ne era rimasto profondamente toccato. La reliquia di quell’evento fu, poi, posta in una teca, per ricordare a tutti il miracolo
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Documentazione di veridicità
1) Analisi chimiche del 1958
Il Vescovo di Sansepolcro (Arezzo), Monsignor Domenico Bornigia, nel 1958, dispose delle analisi chimiche sulla reliquia, che furono eseguite all’Università di Firenze. Si trattava di analizzare otto macchie, rimaste sul telo di lino del corporale dell’altare di quel giorno. Effettivamente, le analisi confermarono che si trattava di macchie di sangue.Leggi tutto ⇩
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Fonti storiche
1) 2 documenti storici
Il miracolo ci è noto dal racconto dell'abate Benedetto Tenaci, che lo redasse alla fine del Quattrocento nel suo cosiddetto "Diario". Eccone la traduzione: "Anno di grazia 1412. Lazzaro veneto, rettore di questa chiesa, mentre celebrava la Messa, dopo aver consacrato l'Eucaristia, non credeva che il vino si fosse trasformato veramente nel sangue di Cristo. All'improvviso sopra il corporale vide delle gocce di sangue fresco, quelle che ancor oggi si vedono, e osservò il calice vuoto. Colpito da questo miracolo, confessò la sua incredulità e, pochi giorni dopo, per la tristezza d'animo cadde malato e morì. Affinché nessuno metta in pericolo la sua salvezza per un simile dubbio rovinoso, si provvide ad esporre in pubblico la reliquia. Pietro da Portico ha dettato questo testo. Benedetto abate di Bagno l'ha scritto". La narrazione, scarna ed essenziale, fu ripresa ed ampliata nel Settecento dagli "Annales Camaldulenses" (VII, Appendice), aggiungendo che la notizia della morte del priore Lazzaro a pochi giorni di distanza dal miracolo è inesatta perché dal necrologio camaldolese di Santa Cristina di Bologna si sa che Lazzaro morì nel 1416, quattro anni dopo, e che un'epigrafe, conservata in quel monastero femminile, recitava: "Il 4 settembre del 1416 morì il venerabile don Lazzaro, veneziano, priore di Santa Maria di Bagno".Leggi tutto ⇩
2) Annales Camaldulense (Fortunio)
Lo storico Fortunio così descrive il Miracolo nella sua nota opera Annales Camaldulenses: “Correva l’anno 1412. L’Abbadia Camaldolese di Santa Maria in Bagno (all’ora Priorato) era governata da Don Lazzaro, d’origini venete. Mentre costui un dì celebrava un Divino Sacrificio, fu occupata la sua mente, per opera diabolica, da un forte dubbio intorno alla reale presenza di Gesù nel Santissimo Sacramento; quand’ecco, vide mettersi in ebollizione le Sacre Specie del vino, riversarsi fuori del calice e espandersi sopra il Corporale in forma di vivo e palpitante sangue, e così il Corporale ne rimase inzuppato.
Non è a dire quale commozione fosse la sua e quale perturbazione di mente lo cogliesse in quell’istante, di fronte a un avvenimento così strepitoso. Piangendo si rivolse agli astanti, confessando la nutrita incredulità e il Prodigio che allora si era compiuto sotto il suo sguardo”.Leggi tutto ⇩
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Video sul miracolo
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L'epigrafe apposta nell'antico monastero femminile Camaldolese di S. Cristina, recita traducendola dal latino: “II 4 settembre del 1416 morì qui a Bologna il ven. Don Lazzaro Veneziano, priore di Santa Maria in Bagno”. Leggi tutto ⇩